15 Apr 2020 «Una canzone deve emozionarmi: quelle di Murubutu sono come fare un viaggio da cui non torni mai uguale a prima»: Roby il Pettirosso racconta il suo ‘Murubutu -Rap-Conti Illustrati’
Giò Piccione, il colombo appassionato di arte che, ogni tanto (bontà sua), scrive qualcosa, ci ha inviato il resoconto di una sua chiacchierata con un altro pennuto, Roby il Pettirosso. Gattaiola.it è felice di accogliere nelle sue pagine questa ‘piumata’ intervista.
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Accennavano i primi tepori primaverili, quando ho incontrato Roby il Pettirosso, reduce da una trasferta bolognese. Ancora non era scoppiato tutto questo tremendo caos che ha messo a repentaglio il nostro vivere quotidiano. Sì, anche il nostro di piccioni urbani, perché vivendo io nel campanile di San Michele e avendo chiuso il Taddeucci, non posso infilarmi dentro e, zampettando allegramente, mangiarmi tutte le briciole dei loro buonissimi dolci e, soprattutto, del buccellato, compiendo peraltro anche un servizio di pulizia gratuito che nessuno pensa mai a pagarmi, cosa della quale, prima o poi, si dovrà discutere con i titolari.
Ma sto divagando.
Dicevo: si sentivano nell’aria i primi sentori della primavera che oramai stava alle porte, quando ho incontrato Roby il Pettirosso. E di questo voglio raccontarvi.
Intanto chi è il Pettirosso? E’ un gentilissimo pennuto, molto sensibile e, proprio la sua sensibilità è quel qualcosa in più che lo fa notare nel mondo dell’arte. I suoi lavori sono, infatti, sempre molto ‘lievi’.
No, non sono leggeri. Anzi. Spesso hanno un peso molto maggiore di quello che si potrebbe pensare guardando il tratto lieve e i colori chiari. Raccontano storie che fanno riflettere. Riportano parole che fanno pensare.
Non è una cosa da poco e, soprattutto, è meno comune di quanto si possa credere.
Lo avevo conosciuto a novembre, a Lucca Comics & Games. Già in quell’occasione ne avevo apprezzato i modi di fare e, parlandoci, avevo trovato conferma di quello che avevo visto nelle sue tavole: una sensibilità davvero fuori dal comune.
Quando ci incontrammo, mi raccontò anche dei progetti futuri, dei quali però non poteva svelare granché. Così questa volta, abbiamo parlato di ‘Rap-Conti illustrati’, libro nel quale dà forma e figura ad alcune delle storie che Murubutu mette invece in parole e musica e che ci aveva annunciato.
Due mondi artistici contigui seppur diversi che, entrando in una sorta di collisione, hanno dato vita a qualcosa di unico: da una parte c’è stata l’esperienza dei live di Murubutu con le performance di disegno live di Roby il Pettirosso e dall’altra ha dato vita a questo libro, che ‘racconta’ in modo diverso i brani di Murubutu.
Due mondi figurativi che usano mezzi diversi, ma che, alla fine, sono molto simili: se a Roby servono le parole per creare immagini, Murubutu non perde occasione per dimostrare invece che le parole si possono usare per dare vita a mondi fatti di storie e immagini talmente vivi da vederseli sfilare davanti, solo ascoltando quelle parole.
Ma forse sto nuovamente divagando.
Di questo e di molto altro ho parlato proprio con Roby il Pettirosso, al quale l’esperienza bolognese è piaciuta molto. Già, perché proprio in quella città si è tenuto il Nerd Show (qua si possono federe un sacco di foto), dove ha debuttato lo spettacolo pensato per il libro ‘Rap-Conti’: un qualcosa sospeso tra presente e passato, tra musica e immagini che fa comprendere come questi mondi si possano fondere tra loro e dare vita a un universo parallelo nel quale tuffarsi. «A Bologna – racconta – è andata molto bene. Lo spazio era grande e bene organizzato. Abbiamo fatto una specie di prima data: è stato un concerto molto particolare. Immagina che c’era solo Murubutu che cantava e io che disegnavo. E’ stata una cosa molto bella, molto intima. E’ andata bene anche la parte dell’intervista e il firmacopie. Mi è piaciuta come esperienza».
Già a novembre avevamo parlato di questo tuo nuovo libro, mi dici com’è nato?
«In realtà, come ti raccontavo l’altra volta, l’idea di una graphic novel su Murubutu è venuta all’editore BeccoGiallo, al quale piace molto Murubutu e che aveva visto quello che avevo già fatto per delle sue canzoni e lo ha proposto a tutti e due, me e Murubutu. Io ho accettato molto volentieri, perché comunque l’idea era nell’aria: avevo molto materiale. Diciamo che l’editore ha dato il ‘là’ e siamo partiti con questo libro».
Insomma, l’editore ha fatto un po’ da ‘direttore d’orchestra’, ma cosa ti piace delle canzoni di Murubutu? Cosa ti fa prendere i colori quando le senti?
«Delle sue canzoni mi piace la sua abilità nel descrivere i paesaggi. Ma soprattutto mi piace la sua attenzione nel descrivere la natura, le piante, i fiori, in base alle stagioni. Poi, ci sono i personaggi, sempre ben delineati: certo le sue canzoni sono spesso tragiche. Direi che Murubutu indaga sulla sofferenza umana e, quindi, c’è sempre qualcosa da imparare e qualche domanda da porsi ascoltando i suoi testi. Ecco perché mi piace molto. Perché dopo aver ascoltato un suo album ne esci un po’ diverso, come quando torni da un viaggio».
Per te, come artista, è stato facile rapportarti a un altro artista?
«E’ nata una sorta di sintonia tra me e Murubutu. Come ti dicevo, lui descrive molto e bene la natura. A me piace disegnarla. E questo è stato un ottimo punto di incontro che ha reso facile il processo creativo: avevamo questo forte punto in comune. Poi, essendo io un suo fan da tempo, diciamo che ho sempre ascoltato le sue canzoni e ce le avevo in testa. Nella mia mente avevo già le immagini legate ai testi, così il libro è venuto fuori senza troppe complicazioni».
Ma hai scelto te le canzoni da illustrare?
«Sì, le ho scelte io. Ho scelto quelle che mi emozionavano di più, quelle che sentivo, in qualche modo, più ‘mie’, più vicine al mio essere. In sostanza, quelle che mi hanno generato delle immagini in testa quando le ho sentite».
Va bene che sei chiamato ‘lo Chopin dell’aria’ per il tuo canto, ma è un dato di fatto che hai un rapporto molto stretto con la musica. Mi incuriosisce capire cosa ti attira in un brano….
«In realtà, ci sono varie cose. In primis l’emozione. Per me è fondamentale. Una canzone deve emozionarmi: mi è capitato spesso di piangere ascoltando una canzone. Poi, per me è importante il messaggio che una canzone dà: magari può essere una canzone vecchia, ma è importante che il messaggio sia attuale e penso che sia utile per il momento storico che stiamo vivendo. Solitamente cerco di essere utile divulgando sì la canzone, ma anche il messaggio, anche se, ovviamente, è visto con i miei occhi».
Com’è stato per te stare sul palco invece che sotto il palco (o sopra nel nostro pennuto caso)?
«Guarda, è stata un’esperienza esaltante, ma, al tempo stesso, è come se io non ci fossi, perché sono assorto nel disegnare. Sai, raramente alzo la testa per guardare il pubblico: dovendo disegnare in tempo reale e non potendo permettermi errori, sono concentratissimo su quello che sto facendo. Ti immagini se sbaglio qualcosa mentre disegno in tempo reale? Non ho tempo di correggere, di cambiare, tutti se ne accorgono immediatamente. Quindi, da quando salgo sul palco, vado nel mio mondo. E’, magari, è dopo, a casa o in albergo, che ripenso a quello che è successo, a cosa ho vissuto. Sul momento sono troppo concentrato per vivermi l’emozione del palcoscenico».
Mi ha colpito molto la definizione dello spettacolo che ha dato Murubutu e, cioè, che è un po’ come un ritorno al Medioevo, con la figura del menestrello e quella dell’illustratore. E’ un’immagine molto vivida che rende bene l’idea: tu come la vivi e vedi?
«Da quello che ci dice il pubblico, ne viene fuori uno spettacolo completo. E’ un po’ come se i disegni completassero lo spettacolo. Mi spiego meglio: un concerto è uno spettacolo a se stante, però se dietro c’è un disegno che si sta componendo in tempo reale, lo spettacolo nel suo insieme appaga anche gli occhi, oltre che le orecchie e il cuore».
Questo progetto cosa ha regalato alla tua vita?
«La cosa fondamentale, per me, è stata quella di avere un contato con così tanta gente. Di solito sono abbastanza solitario, quindi, non avrei mai pensato di trovarmi di fronte, magari, a duemila persone che apprezzano quello che fai e te lo dimostrano, ringraziandoti o chiedendoti di fare un disegno. E’ una cosa nuova e appagante per me che, comunque, sono sempre da solo a disegnare sul mio banco, in montagna, da eremita. Invece, poi, improvvisamente mi trovo a Roma, in mezzo al casino più totale, con la gente che urla. Questo mi fa bene, perché rompe un po’ quella solitudine che io amo. Ma amo anche stare in mezzo alla gente e questo regalo me lo ha fatto proprio questa esperienza».
Non rompiamo le tradizioni e facciamo una domanda che nelle interviste serie, quelle degli umani, non manca mai e anche noi pennuti ci adeguiamo, no?? Che progetti hai per il futuro?
«Ho vari progetti in realtà, sai? Nel 2020 dovrebbero uscire tre libri. Uno è quella graphic novel che ti avevo detto: un mio progetto a cui tengo molto. Il secondo è incentrato su un artista e il terzo progetto è una sorpresa per Natale».
Dai, qualche indizio su quello sull’artista? Sarà sempre a tema musicale o cambiamo arte?
«Si cambia arte: non più musica, ma un pittore. Un altro pittore dopo Van Gogh».
Il tempo è stato, in questo caso, galantuomo e ci ha svelato che si tratta di un libro incentrato su Raffaello e la sua arte ed è stato annunciato proprio nel giorno del compleanno del grande artista. Si sa poco o niente, se non che si avvale dei testi di Chiara Stigliani e che, a breve, dovrebbe essere nelle librerie: «Sono molto contento – conclude il Pettirosso – sono cose che mi sento dentro. In questo momento sono un po’ come un fiume in piena e sto mettendo su carta un sacco di cose».
Come non essere felici di questo? Un periodo prolifico per un artista è conseguentemente un bel periodo anche per chi ama la sua arte. Non resta che ringraziare Roby il Pettirosso per questa piacevole chiacchierata e augurargli di dispiegare sempre le sue ali sul mondo dell’arte, facendocela vedere e apprezzare attraverso il suo sguardo.
Giò Piccione
per Gattaiola.it
[Un ringraziamento veramente speciale va ad Ernesto Anderle – aka Roby il Pettirosso – per essersi prestato a farsi intervistare da un piccione: grazie! FdS]
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