18 Ago 2025 Tommaso Campanella e il gioco come “teatro del mondo”
Nella “Città del Sole”, ogni gesto è coreografato, ogni sapere è appreso giocando. Per Tommaso Campanella, filosofo del 1600, il gioco è strumento di educazione e rappresentazione universale: un vero theatrum mundi. In questo articolo vi propongo qualche spunto di riflessione, per una cultura filosofica del gioco.
Fermento rinascimentale e “utopie”

Nel pieno fermento culturale tra Rinascimento e Barocco, il filosofo calabrese Tommaso Campanella (1568–1639) visse una vita turbolenta, tra processi, prigionie e scritti rivoluzionari. Influenzato da astrologia, religione e scienza, fu autore di un progetto politico-filosofico radicale: La città del Sole, scritta durante una lunga detenzione nel carcere napoletano.
L’opera si inserisce nel filone delle utopie rinascimentali, accanto alla Utopia di Tommaso Moro (1516) e alla Christianopolis di Andreae (1619). Sono testi che immaginano società ideali, ordinate dalla ragione e dalla virtù, spesso in polemica con la corruzione politica e religiosa del tempo.
Giocare per imparare
Nel pensiero utopico di Tommaso Campanella, il gioco è tutt’altro che evasione. È disciplina, è pedagogia, è politica. Nella sua opera più celebre, La città del Sole, scritta nel 1602 mentre era in carcere, immagina una repubblica teocratica in cui ogni aspetto della vita è razionalmente ordinato, e il gioco diventa uno strumento formativo e civile.
“[…] li figliuoli, senza fastidio, giocando, si trovano saper tutte le scienze istoricamente prima che abbin dieci anni…”
Non si tratta di un semplice sollazzo infantile: l’apprendimento passa attraverso un gioco attivo, corporeo, intellettuale. I bambini camminano, osservano, competono, memorizzano attraverso immagini e pitture affrescate sui muri della città.
Giocare è scholé, è tempo libero, ma nel senso greco del termine: è tempo pieno di senso. Non esistono giochi d’azzardo, carte o dadi: tutto ciò che non educa viene escluso. Si gioca alla guerra per imparare il coraggio, si corre per apprendere la resistenza, si gareggia per migliorare se stessi e contribuire al bene comune.
La città come scena: il theatrum mundi

L’intera Città del Sole è concepita come un grande teatro educativo. Le mura, i chiostri, le colonne sono decorate con le immagini delle scienze, degli animali, delle piante, delle stelle e dei metalli. Ogni superficie è parte di una drammaturgia visiva: una lezione continua, immersiva. Campanella descrive come i bambini, giocando, apprendano facilmente le scienze “istoricamente”, grazie alla presenza delle raffigurazioni sulle mura della città. Le immagini che decorano la città fungono da supporto visivo e immersivo per questo apprendimento diffuso.
Campanella anticipa così la metafora del theatrum mundi, il mondo come spettacolo in cui ogni cittadino ha una parte. Il bambino solare non solo apprende giocando, ma cresce recitando nel grande copione della città. Tutto è coreografato: i pasti, le cerimonie, i premi, gli esercizi militari. Ogni cosa ha un ritmo, una forma, una funzione.
Oltre che evidenti riferimenti alla ritualità sociale di Huizinga, questa concezione dialoga sorprendentemente con le teorie moderne del ruolo sociale, in particolare con la nozione di “face” di Erving Goffman (The Presentation of Self in Everyday Life, 1956), secondo cui ogni individuo interpreta un ruolo nella vita quotidiana, costruendo la propria identità attraverso performance pubbliche. La città solare di Campanella, allora, non è solo un teatro della conoscenza, ma anche un laboratorio della persona: ognuno impara il proprio posto nel mondo attraverso la messa in scena ordinata della vita collettiva.
Il gioco come ordine e armonia
Campanella scrive:
“Tutti i sollazzi e giuochi sono d’esercizio e non d’ozio; e si giuoca alla guerra, alla caccia, a correre e saltare;
e non si giuoca a dadi, né a carte, né ad altro ozioso, onde l’esercizio e ‘l giuoco è tutto uno”
Per Campanella, il gioco è parte di un’armonia cosmica. Gli orari per mangiare, dormire, persino per il concepimento, sono regolati dagli astri. Anche il gioco risponde a questa armonia: non si improvvisa, ma si inserisce in un ordine più grande. Il corpo stesso è educato con gare, esercizi e sport, per servire la mente e l’anima.
Lungi dall’essere proibito, il gioco viene ritualizzato. Esso prepara alla vita civile, rafforza i legami, crea consenso. Nella guerra, ad esempio, l’eroismo viene celebrato pubblicamente con corone e applausi. Nella pace, ogni festa ha i suoi giochi, le sue musiche, le sue rappresentazioni pubbliche.
Come si vede, dunque, una visione al tempo stesso utopica e forse “antica” ma anche ultra-moderna, segno che la cultura ludica può tranquillamente volgere lo sguardo anche al passato, per poter approfondire la propria natura.
Nell’elaborazione di questa ricerca e di questo testo è stata utilizzata l’AI.
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