01 Mag 2018 Ho incontrato Enrico Fermi al Frassine. Ci tornerei subito.
Ho incontrato Enrico Fermi al Frassine. Villa Il Frassine per la precisione, proprietà di amici di famiglia, che egli frequenta da quando era piccolo, in estate. È stata una grande emozione.
Lui, un tipo molto serio sulla quarantina, ci è stato presentato dalla padrona di casa, Giorgina Zabban, moglie del Cavalier Zabban, zia di Alberto Moravia e dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, nonché traduttrice dall’inglese di varie opere, tra cui quelle di Elizabeth Barrett Browning.
Abbiamo passato una mattinata stupenda fra i vigneti, il giardino che sta sbocciando con questo caldo precoce e la generosa accoglienza dei proprietari.
Abbiamo potuto assaggiare lo splendido e profumato olio, il vino, l’accoglienza calorosa che passava per le mani di Mariuccia, custode della villa e anche degli ospiti, con le sue amorevoli cure.
Non sto giocando: potete farlo anche voi!
Così potrete parlare con il professore che, a pochi mesi dal Nobel per la fisica, racconterà anche a voi della sua lettera per riconoscere a Meucci i meriti per l’invenzione del telefono, e dei rapporti con Pisa e la Normale dove era entrato 17enne stupendo tutti con un compito all’altezza degli stessi docenti. E, purtroppo, dell’incombente viaggio di non ritorno negli Stati Uniti d’America perché la dittatura fascista proprio in quell’anno promulgò le leggi razziali perseguendo, insieme a migliaia di Ebrei, anche Fermi “a causa” della moglie Laura Capon. Questo “avere per compagna una giudea” non era gradito al Fascismo, che predicava una “purezza della razza” inesistente, oggi come allora, e lo stesso Fermi aveva una grande responsabilità nei confronti del proprio genio. Lo mise così al servizio di un altro Paese, e portò là le sue scoperte e i suoi studi in meccanica quantistica e fisica nucleare, e il mondo scientifico gli riconoscerà l’onore di dare il suo nome a un elemento della tavola periodica, il fermio (simbolo Fm), ad un sottomultiplo del metro comunemente usato in fisica atomica e nucleare, il fermi, nonché a una delle due classi di particelle della statistica quantistica, i fermioni.
Ma torniamo al luogo del nostro incontro. Di una bellezza fuori dall’ordinario, ricca di storia, memoria e schiettezza. Sì perché, anche se in pochi lo sanno, _esiste una campagna toscana oltre al Chianti_. E se nel Chianti, per così dire, c’è la vetrina della produzione vitivinicola toscana, qui nel Valdarno Superiore, e al Frassine in particolare, c’è la cucina.
E, per chi capisce la differenza, questo è tutto.
Come sono i filari delle viti? Gestiti con cognizione di causa, con le erbe giuste lasciate a cacciare i parassiti, con i capanni degli attrezzi usurati perché fatti lavorare tutti i giorni, e non in bella mostra. Allora qui si fa sul serio. Qui si coltiva davvero, ci si sporcano mani e piedi e quel che si ottiene, è davvero buono. È come essere in cucina, appunto, dove si vede tutto quello che viene preparato e si sentono gli odori (perché ci sono!) e si assaggiano i sapori (perché i frutti crescono sugli alberi e non nelle stive).
Lo testimoniano le due mucche, da latte sì, madre e figlia, ma tenute unicamente per “pulire” (brucando) i frutteti e i vigneti e utilizzarne il letame. Lo dicono l’erba sul ciglio della strada e il giardino, che crescono nella libertà di essere piante. Lo si vede nelle gabbie dei conigli, che respirano all’aria aperta all’ombra degli alberi. Lo si può leggere nelle cantine, e nella fila degli orci di coccio: un brivido trovare ancora un podere che li usa, mentre la stupidità normativa europea fa loro la guerra, come se da millenni a tutti i bordi del Mediterraneo non fossero loro a conservare il nostro oro giallo come solo la terra(cotta) sa fare, perché le relazioni tra le materie sono chimicamente naturali, non artificiali.
..perché le olive amano il coccio, e il coccio ama le olive. Punto.
Ecco, tutto questo potete vederlo anche voi, coi vostri occhi.
E, soprattutto, potete affacciarvi a quel belvedere non affettato, non pettinato, non paludato, a quel belvedere vero sulla campagna toscana quella vera.
Quella fatta di persone, animali, piante.
E bellezza, senza trucco.
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