01 Nov 2022 Si chiama Azzardopatia: lo dice anche la Treccani!
Qui a Gattaiola sosteniamo da anni che il termine “ludopatia” non mette a fuoco la reale criticità della patologia, e rischia di creare un misunderstanding di base sul gioco.
Premessa.
La lingua serve a capirsi, non a confondersi (anche se a volte viene usata _anche_ per questo scopo).
La lingua serve a descrivere concetti in modo chiaro (anche se a volte viene usata per creare oscurità intorno alle cose).
La lingua è viva, cambia perché cambiamo noi, a seconda delle influenze culturali che viviamo.
Cambia perché se noi cambiamo il modo di vedere e vivere le cose del mondo, e allora ci servono parole più adeguate a descrivere il nostro nuovo sentire rispetto al mondo. (Prima di arrivare a interessare tutte le persone di una collettività, chiaramente un argomento deve superare diverse soglie di attenzione e interesse,)
A volte capita di vedere cose di cui prima non ti accorgevi, tipo come metterle sotto la lente di un microscopio, e allora ti servono le parole per descrivere/chiamare quelle cose, “nuove”, prima di tutto a te stesso e poi agli altri.
Perché siamo e rimaniamo animali sociali, che si passano informazioni e visioni del mondo attraverso le relazioni e i canali comunicativi.
Azzardopatia VS Ludopatia.
A suggerire di usare “azzardopatia” al posto di “ludopatia” mon siamo ovviamente i soli (qui a Gattaiola, dicevo) e, anche insieme agli altri firmatari di una Lettera aperta di ludologi, giocologi, educatori, animatori ludici, autori ed editori di giochi sani promossa da Paolo Fasce nel 2014 (in cui figurano nomi quali Dario De Toffoli, Antonio Di Pietro, Marco Donadoni, Gianfranco Fioretta, Renato Genovese, Nicla Iacovino, Andrea Ligabue, Piermaria Maraziti, Fabrizio Paoli, Ennio Peres, Giacomo Sottocasa, Paola Rizzi, Marina Santinelli, Beniamino Sidoti, Lorenzo Trenti, Mirella Vicini, Emanuele Vietina, Andrea Vigiak, Luca Volpino, Elvira Zaccagnino, oltre alla scrivente Anna Benedetto), abbiamo intercettato, interpretato e promosso una spinta a cambiare l’oggetto dell’attenzione, quando si parla di dipendenza nell’ampio spettro dell’ambito ludico, dal gioco come attività/partecipazione/emozione/condivisione all’insieme di emozioni/comportamenti/azioni che costituisce invece l’azzardo. Possono caratterizzare la stessa situazione, ma non sono la stessa cosa!
E’ infatti intanto necessario distinguere la dipendenza dall’azzardo, che caratterizza situazioni ludiche e non, dalla ludopatia vera e propria, fenomeno numericamente ben più piccolo dell’azzardopatia, che interessa le persone, soprattutto giovani, che sviluppano dipendenza dal gioco (parliamo di videogioco, parliamo di Gaming Disorder e qui c’è un articolo dell’istituto privato IEUD che descrive il fenomeno)
Scrive l’enciclopedia Treccani nel suo post di Facebook:
Chi soffre di ludopatia non ha una colpa, ha un problema. Per questo bisogna tenere i riflettori accesi sul gioco d’azzardo, capace di scatenare dipendenze in molte persone, e riconsiderare il rapporto culturale e linguistico che all’azzardo ci lega come società.
A tal fine, un gruppo di esperti di giochi ha scritto una lettera aperta per suggerire l’uso di “azzardopatia” al posto di “ludopatia”. Il loro gesto, insieme ad altri, ha contribuito a un progetto sviluppato dall’Azienda USL Toscana nord ovest in collaborazione con Lucca Crea, la società del Comune di Lucca che organizza anche Lucca Comics & Games. Un finanziamento del Ministero della Sanità, destinato dalla Regione Toscana alla realizzazione di un piano di contrasto al gioco d’azzardo, ha reso possibile l’iniziativa di cui vi raccontiamo in dettaglio nelle card.
Grazie a Lucca Crea che ha sostenuto questo movimento e ha dato corpo, oltre che parola, a questo cambiamento.
@annabenelu
Pingback:A quante cose serve un gioco? – Gattaiola
Posted at 21:07h, 28 Maggio[…] altre cose. Lo fa l’azzardo, non il gioco. Per questo scegliamo di chiamare questa dipendenza “Azzardopatia”: la dipendenza è verso la scommessa, non verso il costrutto […]